
Mi sono ritrovato casualmente a leggere una lettera aperta di cinque consiglieri comunali (Antonio Chessa, Davide Tosca, Benedetta Capacchione, Vincenzo Scelsi e Giuseppe Catinella), inviata al sindaco di Modugno Nicola Bonasia, ma rivolta all’intera amministrazione, in cui lo invitano ad una maggiore attenzione nell’azione amministrativa di fine mandato verso il tema della sicurezza, cultura, ambiente e servizi sociali.
Pur se apprezzabile lo stimolo propositivo sui temi indicati, invito i cinque consiglieri, ma più in generale, tutti i consiglieri, specie coloro che intendono proseguire in futuro la loro esperienza politica, ad allargare lo sguardo a tematiche altrettanto importanti e prioritarie per la città di Modugno, che a mio avviso assurgono a vere e proprie emergenze socio-economiche, altre urbanistiche e pertanto, esigono più attenzione dalla politica.
Mi riferisco agli asset del commercio al dettaglio e artigianato locale, attraversate da tempo da una persistente crisi e della riqualificazione e rivitalizzazione del centro storico della nostra città.
E’ noto che il commercio al minuto e l’artigianato locale sono da tempo attraversati da una crisi, che risente notevolmente delle trasformazioni sociali in atto. Un settore che si va da tempo depauperando e che vede, giorno dopo giorno, chiudere botteghe, abbassare le saracinesche e spegnere le luci delle vetrine dei negozi, e con esse, quelle della città.
La questione è seria e delicata. E lo è al punto tale da spingere il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ad intervenire sull’argomento. Lo ha fatto nell’ultima Assemblea Generale di Confcommercio che si è tenuta lo scorso giugno, raccogliendo l’allarme lanciato e definendo il Commercio “Pilastro del modello sociale europeo, motore decisivo e imprescindibile della nostra economia, oltre che elemento generativo della società moderna”.
Un’economia, quella del commercio al minuto, che sta provando a reagire al susseguirsi di colpi subiti nel corso degli anni, dovuto alla concorrenza spietata degli ipermercati e della grande distribuzione, dai processi della globalizzazione, che ha spinto verso il basso i margini di profitto, ma anche dalle conseguenze della crisi finanziaria del 2008, la pandemia da COVID-19 del 2019, l’inflazione che ha eroso redditi e capitali, la perdita del potere d’acquisto dei salari e la disoccupazione, specie quella giovanile. che, come si sà, spinge verso l’alto i consumi.
Ma ciò che ha più inciso e messo in crisi il settore del commercio al dettaglio sono state le trasformazioni sociali in atto. Tali cambiamenti hanno trasformato il modo di acquistare, consumare e quindi produrre. Il “gup generazionale”, inteso come distacco, ma anche conflitto tra generazioni diverse e l’emergere di quella che è stata definita “generazione z”, segna un punto di svolta e rottura col passato. Ma anche di non ritorno.
Il distanziamento generazionale è dovuto principalmente alla rapida diffusione di tecnologie innovative sempre più evolute che hanno spinto la società verso un’economia digitale pervasiva. La nascita e la diffusione di piattaforme tecnologiche dell’e-commerce (eBay, Amazon, etc.), il food digitale o il tourist hospitality (Airbnb, Booking, Vrbo, etc.), giusto per citare alcuni, hanno modificato strutturalmente i nostri stili di vita e il nostro modo di produrre, acquistare, consumare beni e servizi e organizzare il tempo libero. Insomma la società è cambiata e chiede a sua volta che anche le strutture sociali, la politica, le istituzioni cambino. Dico questo perchè nello studio delle organizzazioni, siano esse sociali, politiche, partitiche o economiche, possiamo spiegare il loro declino se osservate e comprese in una concezione organicistica della loro evoluzione storica. Esattamente come accade in natura. L’incapacità delle organizzazioni ad adeguarsi al cambiamento, come gli esseri viventi, a lungo andare possono portare all’estinzione.
La politica, le istituzioni, le associazioni di categoria che tradizionalmente accompagnano il commercio e l’artigianato, sono stati colti di sorpresa dalla rapidità delle trasformazioni sociali e si sono mostrate incapaci di elaborare una risposta organica ed adeguata, alle mutazioni socio-economiche in atto. Ciò ha messo a nudo la fragilità di un intero comparto vitale per le nostre economie locali. E’ mancata, ma siamo in tempo e possiamo recuperare, una visione lungimirante che avrebbe dovuto ripensare il settore, anche avviando processi innovativi di marketing territoriale al fine di fronteggiare meglio le crisi.
L’assenza di una governance ha lasciato che fossero i singoli a prendere individualmente l’iniziativa, e laddove questa è avvenuta, pur se encomiabile, si è rivelata poco efficace.
La Cgia di Mestre, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese, ha evidenziato, dati e cifre alla mano, la lunga crisi dell’artigianato e del commercio tradizionale. Negli ultimi otto anni, secondo lo studio della Cgia, in Italia il numero degli artigiani è crollato di 258.456 unità (-15,2 per cento) e quello dei commercianti di 203 mila (-10 per cento). Il calo pugliese in circa otto anni è stato di 8.968 commercianti, mentre il dato nazionale, nello stesso periodo, riporta oltre 200 mila unità in meno. La Puglia, secondo lo studio, con meno 19.316 unità, risulta essere tra le regioni più colpite dal fenomeno, mentre a livello provinciale è Bari a registrare la riduzione più marcata con 9.831 unità in meno tra artigiani (-5mila) e commercianti (-4.807).
Questi dati ci dicono che il sistema delle economie locali, vera e propria spina dorsale su cui poggia l’economia delle nostre comunità hanno bisogno di essere ripensate e per farlo è necessario un’azione concertata tra istituzioni, categorie di settore Confcommercio, e Confartigianato, sindacati e associazione di consumatori, che passi attraverso azioni di politica economica locale accompagnata da processi di innovazione tecnologica. Peraltro, come ha aggiunto, il Capo dello Stato durante i lavori dell’Assemblea Nazionale di Confcommercio, “Le luci dei negozi sono preziose anche per la sicurezza, danno vita a centri storici e quartieri periferici, sono luoghi d’incontro e di amicizia” e dunque, le saracinesche abbassate e lo svuotamento dei centri storici producono effetti negativi che si riverberano inevitabilmente sull’intera comunità.
Anche il Governo ha preso coscienza della crisi che attraversa il settore del commercio al minuto e artigianato locale ed è recentemente intervenuto per combattere la desertificazione dei negozi nelle città e rivitalizzare i centri storici, introducendo nella legge di bilancio 2025 in via di approvazione, uno sconto contributivo del 50% per tre anni per le nuove attività artigianali e commerciali.
Per quanto riguarda il centro storico di Modugno, diciamo subito una cosa, partendo dall’assunto che, in linea di principio, tutti gli interventi di recupero rivitalizzazione, sicurezza e promozione dei centri storici, non hanno bisogno di giustificazioni, dal momento che trovano in sé la propria ragione per il fatto stesso di essere patrimonio storico-architettonico-urbanistico di una comunità che va tutelato e custodito. Al contrario. Laddove ciò non dovesse accadere eluderemmo l’obbligo politico ad intervenire, venendo meno ai doveri di perseguire principi istituzionali. A differenza degli interventi urbanistici moderni che tendono ad uniformarsi con edifici standardizzati e privi di carattere, i centri storici, offrono una varietà estetica, funzionale e spaziale che li rende unici e difficili da replicare. Rigenerare e recuperare il patrimonio urbanistico dei centri storici, ha come primo effetto quello di generare esternalità positive che si riverbera sull’intero territorio a cominciare dal risparmio dell’uso del suolo, con tutti i vantaggi ambientali che questo comporta e dalle inutili quanto dannose cementificazioni. Accanto al recupero fisico appare però altrettanto necessario recuperare il suo innato dinamismo riscoprendo la sua capacità di far convivere in armonia storia, cultura, ambiente, tradizione ed economia. Il futuro di Modugno passa anche dalle nostre capacità di far diventare asset economici il patrimonio culturale e storico-paesaggistico esistente. Per farlo dobbiamo necessariamente puntare al recupero, alla valorizzazione e promozione, non solo del centro storico, ma dell’intero heritage che qualifica la nostra identità storica e culturale offrendo una gamma di servizi di qualità accompagnato da un sistema commerciale e artigianale che, assieme al food possano costituire un efficace magnete attrattivo per investimenti sul territorio e dare impulso al sistema delle economie locali. La multidisciplinarietà come approccio all’analisi del contesto non può che essere sistemico e muoversi dentro una visione multilaterale per dare coerenza all’azione politica tra i vari ambiti (Urbanistica, Cultura, Economia e Sociale) e produrre risultati significativi. Tutto questo richiede necessariamente la presenza di un Public Managment per il centro storico dotato di responsabilità politica e budget finanziario.
Una delle misure ipotizzabili per il rilancio del borgo antico potrebbe avvenire attraverso un censimento e acquisizione al patrimonio comunale di immobili abbandonati da ricollocare, attraverso bandi pubblici cedendoli a privati a prezzo simbolico di un centesimo, per progetti di recupero, risanamento e avvio di nuove attività in centro storico. Per gli immobili sfitti, si potrebbe valutare il tipo di offerta più idoneo rispetto ai contenitori disponibili e avviare un confronto con i proprietari e le associazioni di categoria, valutando l’ipotesi di contratti di locazione più articolati. Ma anche costituire un Fondo per finanziare ed incentivare l’imprenditoria giovanile destinati alla formazione di giovani finalizzata all’apertura di nuove attività. Penso anche alla valorizzare di quelle attività commerciali radicate da tempo nel panorama commerciale della Città creando marchi specifici per le attività ad hoc (“Bottega Storica/Luogo storico del commercio”) e per quelle attività (commerciali, trasporti, tempo libero, etc.) che propongono iniziative e vantaggi specifici per le famiglie e per i bambini. Serve anche individuare aree esterne da destinare al parcheggio dotate di caratteristiche idonee per quanto riguarda l’ubicazione, l’accessibilità, l’agevole connessione alle reti viarie e che, in ogni caso, consentano un facile, economico ed ecologico accesso al Centro storico. Un intervento in tal senso pare sia stato già deliberato dal Consiglio comunale e pertanto si potrebbe dar corso. Inoltre, dal momento che i “bonus” sono diventati le misure economiche più ricorrenti nel panorama politico, perché non pensare di utilizzarli per ricorrere ad un “Bonus affitto”, un contributo annuo (da un minimo ad un massimo) per nuove attività commerciali o artigianali in centro storico, per un periodo minimo di 12 mesi e fino ad un massimo di 24?
Insisto ancora sull’istituzione di un premio, “Premio Casavola” (Casavola Award), da inserire all’interno di un “Cartellone culturale” di eventi annuali internazionale. Con tale iniziativa non solo si onorerebbe la figura del compositore e Maestro a cui Modugno ha dato i natali, ma anche per costruire attorno alla sua produzione letteraria e musicale una sorta di festival della musica, indipendente, aperto e partecipativo composto da un’intera settimana, la “Settimana Casavola“, ricco di eventi celebrativi, ma anche momenti di riflessione sulla produzione artistica del compositore e sul suo lascito artistico di rilievo internazionale, in un periodo di grandi cambiamenti sociali e culturali, aperto alle esperienze musicali di avanguardia internazionale.
Infine. Va dato atto all’amministrazione Bonasia di aver creduto sin dal suo esordio nelle potenzialità ancora inespresse del centro storico modugnese e per questo l’amministrazione è intervenuta ripetutamente nel corso di questi anni con misure che si sono mosse in questa direzione, convinti che solo un centro storico risanato, rivitalizzato e restituito alla comunità potesse esprimere le sue potenzialità ed essere volano e moltiplicatore delle economie locali capace di generare benessere per l’intera comunità. Accanto a tali iniziative oggi abbiamo modo di vedere in fase di ultimazione i lavori di un importante e corposo progetto di rigenerazione urbana che ha interessato gran parte del centro storico a ridosso della Chiesa Matrice, Corso Umberto I e le strade adiacenti a Piazza Romita Vescovo, ma anche della ripavimentazione del marciapiede di Piazza Garibaldi che ha portato inaspettatamente alla luce un importante ritrovamento archeologico (antiche mura) la cui datazione è ancora oggetto di studio da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali. Un progetto voluto con determinazione dall’ammministrazione, finanziato con i fondi del PNRR (Piano Nazionale di ripresa e resilienza). I lavori, in via di ultimazione, sono stati progettati dall’assessorato ai Lavori Pubblici guidato da Beppe Montebruno e sapientemente eseguiti dall’impresa Neos Restauri di Altamura (Ba) con la Direzione lavori del Raggruppamento Temporaneo di Professionisti, diretti dall’Ing. Giuseppe Ceo. Il progetto mira a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale, attraverso la rifunzionalizzazione di aree pubbliche mediante interventi di rifacimento delle reti tecnologiche idrica e fognante. Inoltre doterà le vie e le piazze interessate di una elegante basolatura picconata antiscivolo sicura nel camminamento di una parte importante ed estesa del centro storico.
Il recupero e la rigenerazione dei centri storici, con la loro ricca complessità e resilienza non è solo una questione di estetica, ma di valorizzazione di risorse culturali, sociali e ambientali che permettono di creare città più vivibili, sostenibili in grado di offrire una qualità della vita elevata, mantenendo il legame con la memoria storica e la cultura locale.
A me pare si vada nella giusta direzione.